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Lunedì 29/09/2025 - Gv 1, 47-51

  • Immagine del redattore: Marco Acquati
    Marco Acquati
  • 28 set
  • Tempo di lettura: 7 min
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In quel tempo. Il Signore Gesù, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

“Il cielo sopra Berlino” (Der Himmel über Berlin) è un film del 1987 diretto dal regista tedesco Wim Wenders. L’immagine di copertina è un fotogramma di una scena chiave del film, dove uno dei due angeli protagonisti, Damiel, osserva la città dall’alto della Gedächtniskirche. La pellicola ha come principali protagonisti due angeli, Damiel e Cassel, che si muovono nella città di Berlino, pre-unificazione, non visti, se non dai bambini. Spostandosi nella città - nella metropolitana, nelle vie, negli uffici… - i due angeli ascoltano e osservano. Uno dei due, Damiel, in un punto di non-ritorno della storia, stanco dell’immortalità decide di diventare umano e di condividere la vita delle persone di quella città.

Per aiutare l’ingresso nella riflessione di oggi, vi invito a ascoltare il dialogo dei due angeli nella scena accessibile a questo link: https://youtu.be/R113UigrEZs?si=yFgVPumTeYb6USZg

Il video dura poco. Solo 4 minuti. Magari ascoltate anche più di una volta. (nota: se proprio vi sfuggono dei passaggi vi ho riportato, in calce a questo commento, la trascrizione completa).

La prima parte del dialogo dei due angeli è l’elencazione di una serie di episodi minimi di vita. Alcuni affascinanti perché poetici - il bimbo che ascolta l’anziano che racconta l’Odissea, la passante che chiude l’ombrello e rimane ferma sotto la pioggia - altri interessanti perché strani - l’annunciatore della metro che grida “Terra del Fuoco!”

E’ la bellezza del minimalismo. La gente (tutta!) sa che sono le piccole cose che ci aiutano a sentirci vivi. E’ dolce sentire l’angelo Damiel che, nella seconda parte del dialogo, racconta come la sua gelosia per la vita umana è nei dettagli: la linea di una nuca, un amico che ti saluta con un cenno al tavolo del bar.

Il brano di Vangelo di oggi - anche lui - racconta di momenti semplici, in prima istanza privi di senso. Per Natanaele ha avuto la forma dello stare sotto ad un albero di fichi. Andrien Candiard, domenicano francese e residente al Cairo, in un interessante libro sull’episodio (Quando eri sotto il fico... - Discorsi intempestivi sulla vita cristiana - Queriniana Quando eri sotto il fico... | Adrien Candiard) sostiene che questo, forse, è l’unico passaggio di tutti i Vangeli che non si rivolge a noi. Ciò che stava facendo Natanaele non lo sapremo mai e non ne avremo mai l’interpretazione. E’ un piccolo momento magico che riguarda solo Natanaele e la sua profonda intimità. Sicuramente non sappiamo cosa, ma dalla reazione di Natanaele - tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele! - possiamo comprendere che Gesù è riuscito a richiamare alla memoria di Natanaele un episodio che, in qualche modo, ha segnato e illuminato la sua vita.

Nella parte terminale del dialogo fra i due angeli del film, Cassiel dice che loro sono nel mondo per “osservare, raccogliere, testimoniare, testare, custodire.”

Anche Gesù è stato un mero osservatore di ciò che Natanaele stava facendo sotto al fico? No. C’è qualcosa di sostanzialmente diverso.

Nel film l’angelo Damiel desidera diventare umano per godere della dolcezza di quei piccoli istanti magici che costellano la finitezza delle nostre vite; come ad esempio - aggiungo io - fermarsi per quindici minuti nel silenzio di una chiesa. Ma noi non abbiamo bisogno che ciò che è eterno e imperscrutabile venga con noi nelle nostre strade per godere insieme della bellezza di questi momenti. Noi desideriamo che questi momenti magici siano riconosciuti da ciò che è imperscrutabile e eterno. Proprio lì, vicino, a dare giustificazione e sostanza a quei momenti.

L'immagine del "cielo aperto e gli angeli che vanno su e giù" ribadisce che il cielo, dove tutto trova sostanza e senso, non è un luogo lontano, ma una realtà vicina e accessibile.

Quindi, Gesù non è un mero osservatore di ciò che Natanaele sta vivendo sotto al fico, ma, dopo aver osservato e ascoltato, accompagna con amore a riconoscere che dopo ciò inizia un percorso che porta a percepire quella vicinanza continua. Si può stare in quel conforto per sempre.

Concludo con una ulteriore breve riflessione, che unisce l’episodio del fico con il mese del Creato (che termina il 4 ottobre: https://seasonofcreation.org/it/). L’episodio di Natanaele, al di là della possibile interpretazione, ci racconta di un momento trascorso nella natura. Una recentissima ricerca - https://www.mdpi.com/2673-4834/6/3/82 -, attraverso modelli, calcoli e interviste, ha dimostrato che c’è stato un chiaro declino del legame tra gli esseri umani e la natura dal 1800 fino al 2020. Per esempio, c’è evidenza che c’è stato un netto calo della ricorrenza di termini legati alla natura in libri, pubblicazioni, articoli. In conclusione, lo studio indica che per affrontare la crisi ambientale è necessario promuovere una connessione più profonda con la natura attraverso interventi culturali e sociali, integrando urbanistica e educazione.

E’ probabile che, tra un po’ - questa la mia conclusione - non potremo più godere di momenti magici (come Natanaele) perché saremo completamente disconnessi dalla natura, che è una delle principali fonti di quei momenti - come Natanaele insegna.


Creatore di tutto,

ti lodiamo per il dono della vita e per la fede che ci unisce nella cura della nostra casa comune.

Confessiamo quanto ci siamo allontanati gli uni dagli altri, dal tuo Creato e dal nostro vero io.

Riconosciamo che la nostra avidità e i nostri impulsi distruttivi hanno frammentato il nostro rapporto con te, con gli altri e con la Terra.

I campi fertili sono diventati aridi, le foreste giacciono desolate, gli oceani e i fiumi sono inquinati.

Comunità fiorenti sono diventate luoghi di sofferenza, e la terra grida.

Amato Cristo, che hai detto “Shalom” ai cuori spaventati, spingici ad agire con compassione.

Ispiraci a lavorare per la fine dei conflitti e per il pieno ripristino delle relazioni interrotte:

con te, con la comunità ecumenica, con la famiglia umana e con tutto il Creato.

Principe della Pace, attraverso le tue ferite, insegnaci a essere solidali con le ferite degli altri, del Creato e del mondo.

Attraverso la tua risurrezione, rendici persone di speranza, con una visione di spade trasformate in aratri e lacrime trasformate in gioia.

Che possiamo unirci come un'unica famiglia, per lavorare per la tua pace, uno shalom dove tutto il tuo popolo possa dimorare in sicurezza e riposare in luoghi tranquilli.

Amen.


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Trascrizione del dialogo fra i due angeli, da: "Il Cielo sopra Berlino"

Damiel: Allora?

Cassel: Levata del Sole, 7:22. Calata del Sole, 16:28. Levata della Luna, 19:04. Livello dell'acqua della Havel e della Sprea... Vent'anni fa, un caccia sovietico si schiantava, a Spandau, più vicino al lago di Stöss. Cinquant'anni fa ci furono gli Olimpiadi. Duecento anni fa, Nicolas François Blanchard sorvolò la città in aerostato.

Damiel: L’hanno rifatto anche i fuggiaschi!

Cassel: E in via Lili c'era uno che camminava sempre più lento, poi si è messo a guardare al di sopra delle sue spalle, nel vuoto. All'ufficio postale 44, uno che oggi vuol farla finita ha attaccato francobolli speciali sulle sue lettere d’addio, uno sull'altro. E poi, di fuori, nella Marianer Platz, ha parlato inglese per la prima volta dai tempi di scuola con un soldato americano, e anche correntemente. A Plötzensee, un detenuto, prima di lanciarsi a testa bassa contro il muro, ha detto: "Ecco, ora!" Alla fermata Zoo del metrò, l'impiegato, invece di dire il nome della Stazione, improvvisamente ha gridato: "Terra del Fuoco!”

Damiel: Bello!"

Cassel: Sulle colline, un vecchio leggeva l'Odissea. Un bambino, il piccolo uditore, smise di socchiudere gli occhi. E tu, cosa hai da raccontare?

Damiel: Una passante che sotto la pioggia chiuse di colpo l'ombrello, lasciandosi bagnare tutta. Ah, ecco: uno scolaro che descriveva al suo maestro come una felce nasce dalla Terra; ha fatto stupire il maestro. Una cieca che, quando si accorse di me, si mise a tastare l'orologio. Sì, è magnifico vivere di solo spirito e giorno dopo giorno testimoniare alla gente, per l'eternità, soltanto ciò che è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa. E allora non vorrei più fluttuare così in eterno. Vorrei sentire un peso dentro di me che mi levi questa infinitezza, legandomi in qualche modo alla terra, a ogni passo, a ogni colpo di vento. Vorrei poter dire "Ora! Ora! E ora!" e non più "da sempre in eterno". Per esempio, non so... sedersi al tavolo da gioco ed essere salutati anche solo con un cenno. Ogni volta che noi abbiamo fatto qualcosa era solo per finta. Ci siamo lussati l'anca facendo la lotta di notte con uno di quelli, sempre per finta. E ancora per finta abbiamo preso un pesce per finta. Ci siamo seduti a un tavolo, abbiamo bevuto e mangiato per finta. Ci siamo fatti arrostire l'agnello e abbiamo chiesto il vino per finta sotto le tende nel deserto: solo per finta. Non che ho voglia di generare subito un bambino o piantare un albero. Ma in fondo sarebbe già qualcosa ritornare a casa dopo un lungo giorno. Dar da mangiare al gatto, come Philipp Mann. Avere la febbre. Avere le dita nere per aver letto il giornale. Non entusiasmarsi solo per lo spirito, ma finalmente anche per un pranzo, per la linea di una nuca, per un orecchio. Mentire spudoratamente. Camminando, sentire che le ossa camminano con te. Supporre magari, invece di sapere sempre tutto. “Ah! Oh! Ahi!” poterlo dire finalmente invece di: "Sì, Amen." E una volta potersi entusiasmare anche per il male, trasferire su di sé, dai passanti che vanno, i demoni della terra e finalmente ricacciarli nel mondo. Ecco, essere un selvaggio. E una buona volta sentire com'è togliersi le scarpe sotto il tavolo e così, a piedi scalzi, sgranchirsi le dita dei piedi.

Cassel: Rimanere soli. Lasciare che sia. Restare seri. Possiamo essere selvaggi solo se restiamo assolutamente seri. Non fare nient'altro che osservare, raccogliere, testimoniare, testare, custodire. Restare spiriti. Rimanere a distanza. Stare alla parola.

 
 
 

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