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Lunedì 08/07/2024 - Lc 9, 37-45

  • Immagine del redattore: Marco Acquati
    Marco Acquati
  • 7 lug 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

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In quel tempo. Quando furono discesi dal monte, una grande folla venne incontro al Signore Gesù. A un tratto, dalla folla un uomo si mise a gridare: «Maestro, ti prego, volgi lo sguardo a mio figlio, perché è l’unico che ho! Ecco, uno spirito lo afferra e improvvisamente si mette a gridare, lo scuote, provocandogli bava alla bocca, se ne allontana a stento e lo lascia sfinito. Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio». Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò a terra scuotendolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito impuro, guarì il fanciullo e lo consegnò a suo padre. E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio. Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

“Quando furono discesi dal monte”. Il monte di cui si parla è il Tabor, il monte della Trasfigurazione. Alcuni degli apostoli hanno da poco assistito alla più magnificente manifestazione della figura di Gesù. E’ stata sicuramente un’esperienza da ricordare, al punto che Pietro non se ne sarebbe andato (”Facciamo tre tende…”). La figura che si è parata loro dinnanzi ha permesso di intuire il ruolo che Gesù ha avuto e avrà nella storia. Non solo nella storia del mondo, ma anche della loro storia. Ciò che loro hanno sperimentato è paragonabile, seppur in diversa misura, a ciò che noi oggigiorno percepiamo dopo una bella e piacevole giornata di ritiro spirituale o dopo qualche giorno di “esercizi”: la certezza di un messaggio ben radicato in noi e per il resto la mente e il cuore leggero.

Bene, in queste condizioni scendono dal monte e tornano nella realtà, …e che realtà!

Un ragazzo nel pieno di una crisi epilettica. Un padre disperato. La manifestazione del fallimento. Il rimprovero di Gesù. E tutto il beneficio di quella giornata di ritiro sul Tabor svanito in pochi minuti.

Esistono dei momenti dove la Vita ti appare tremendamente semplice e chiara, riconducibile a pochi elementi, che difficilmente riuscirai a staccare dal cuore. E altri, magari immediatamente consecutivi ai primi, dove la vita si presenta in tutta la sua complessità, difficile da gestire, dove il pensiero non ti aiuta. Però, anche in questi ultimi l’osservare Gesù e stare a lui vicino aiuta ed è fonte di insegnamento.

Gesù ha una determinazione forte: liberare l’uomo da ciò che lo opprime. Lo mette in atto anche ora quando la tentazione sarebbe stata di rimanere ancora un po’ in quella bella sensazione portata a casa dalla discesa dal monte. Gesù lo sa bene: essere determinati su questo obbiettivo fa bene a noi tanto quanto qualche piacevole giorno di ritiro spirituale.

Gesù chiede di non dimenticare: tutto ciò che fa è nel nome di quell’amore incondizionato che si manifesterà nella Croce. Quell’idea di amore totale non ci deve abbandonare anche quando la vita è un gran pasticcio.

Il beneficio per le nostre esistenze non si ha solo quando ci si rifugia lontano dal mondo e dalla sua complessità, ma anche quando si è dentro completamente. Come stanno insegnando alcune riflessioni alla 50a Settimana Sociale dei cattolici che si sta tenendo a Trieste:


 
 
 

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