Lunedì 04/11/2024 - Gv 10, 11-15
- Marco Acquati
- 3 nov 2024
- Tempo di lettura: 3 min

In quel tempo. Diceva il Signore Gesù ai farisei: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore».
Diciamolo sinceramente: essere paragonati a delle pecore non ci piace tanto. “Una massa di pecoroni” è l’appellativo solitamente riservato a persone vili e con scarsa capacità di giudizio. Per le pecore si potrebbe dire quello che cantavano Cochi e Renato riguardo alle galline: non è un animale intelligente, lo si capisce da come guarda la gente.
Al mondo esistono più di 200 specie diverse di pecore. Si va dalla Nana Bretone, alta al massimo 50 cm, alla Argali, che arriva a 1,5 m. Certamente ai tempi di Gesù non esistevano tutte queste specie o non erano conosciute, ma è lecito immaginare che nel gregge del Buon Pastore Gesù c’è posto per tutte e tutte possono avere una rappresentanza anche piccola. Il versetto che immediatamente segue questo brano, Gv 10, 16, racconta di pecore che non appartenevano alla Chiesa primitiva e che sarebbero diventate di lì a poco parte dello stesso gregge. In quante lingue ogni domenica viene celebrata l’eucarestia? Migliaia, eppure tutti si fa parte dello stesso gregge. Il gregge e la varietà all’interno dello stesso gregge ci identifica. Un gregge che si estende ben al di là dei confini del mondo che viviamo: quando nel Credo si parla di “comunione dei santi” si intende proprio questo.
Mi piace qui ricordare che nella lingua inglese il sostantivo sheep non si modifica al plurale. In inglese, a differenza dell’italiano, i sostantivi invariabili sono molto pochi e riconducibili sostanzialmente a animali che vivono in gruppo: pesci, salmoni, cervi e - appunto - pecore. La singolarità si identifica nella collettività, nella quale però ogni singolo essere ha il suo proprio valore. Così, anche noi Cristiani, ci possiamo dire tali perché apparteniamo a un gregge.
Gli etologi hanno dimostrato che le pecore al pascolo alzano la testa a intervalli regolari per monitorare la condizione e la posizione delle altre pecore del gregge; processo aiutato anche dal fatto che gli occhi posti a lato del cranio permettono loro di avere una visione a 360°. Così anche noi del gregge di Cristo viviamo in pienezza la nostra dimensione di fede se sappiamo che i nostri fratelli e sorelle camminano con noi, anche indipendentemente da quale sia il gregge al quale in quel momento appartengono.
Come ha spiegato recentemente mons. Derio Oliviero, in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Ecumenico Vaticano II, noi dovremmo avere un’identità estroversa. Se non siamo aperti a tutti, siamo incompleti. “Conoscenza, stima e riconoscimento dell’altro. Sono questi i presupposti del dialogo perché aprono alla collaborazione nella differenza.”
Insomma, questo gregge non è un gregge come gli altri. Noi del gregge di Cristo non siamo una “massa di pecoroni”. Abbiamo una serie di unicità che rendono l’appartenenza a questo gregge bella e affascinante. E in cima a tutte le unicità c’è quella caratteristica particolare del pastore. Soli noi abbiamo un pastore disposto a donare la vita per noi. Solo noi abbiamo un pastore che lascia tutte le altre pecore per venirci a cercare quando siamo perduti. Questo dovrebbe farci urlare dalla gioia, invitando altri a far parte del gregge, perché vivere in questo gregge è vita vera.
Ti prego, Gesù, fa’ che con la tua grazia io non mi stanchi mai di cercarti e di adorarti con tutto il cuore.
Insegnami a conoscerti e ad amarti per imparare da Te ad incontrare e prendermi cura degli altri e a vivere in pienezza la mia vita.
Fa’ che il mio cuore non si inorgoglisca, non cerchi cose più grandi delle mie forze.
Fa’ che si apra al mondo con il Tuo sguardo di compassione e di misericordia e che nel mio cuore trovino eco le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di tutti, dei poveri soprattutto e che sappia anche partecipare con ciò che sono a portare un po’ di Cielo in terra.
Affido a te, Maria, tutti noi affinché ci accompagni, ciascuno con la propria vocazione, in un cammino che non abbia paura di fidarsi ed affidarsi a Gesù, ma che tenda verso l’alto e che profumi di santità, per la gioia del mondo intero. Maria, Madre della Chiesa, prega per noi. Santi e Beati dell’Azione Cattolica, pregate per noi.



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